Ultimo aggiornamento: 31 maggio 2025
Compie vent’anni la Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo. A che punto siamo?
Vent’anni fa, nello stesso anno in cui il mondo conosceva per la prima volta YouTube, l’uragano Katrina devastava New Orleans e la sonda giapponese Hayabusa sbarcava su un asteroide, entrava in vigore la Convenzione quadro dell’OMS per la lotta al tabagismo (WHO Framework Convention on Tobacco Control – WHO FCTC). Una trentina di articoli, l’adesione di 183 Paesi, per il più grande impegno globale per disincentivare l’abitudine al fumo. Due decenni dopo, fumano molte meno persone, sono sempre più noti i rischi legati al consumo di tabacco e non fumare nei luoghi comuni è diventata in buona parte del mondo (almeno negli Stati più ricchi) la norma, a tutela di tutti. Ma, complice l’arrivo sul mercato di una moltitudine di nuovi prodotti, l’epidemia da tabacco e nicotina ha cambiato faccia, diventando più profumata e colorata, e si è rinvigorita. Questo è l’allarme lanciato, per il ventennale della convenzione, da un gruppo di esperti guidati da Anna B. Gilmore sulle pagine della rivista The Lancet, sottolineando come servano un rinnovato impegno e nuovi strumenti per rafforzare la lotta al tabacco. Soprattutto nei confronti dell’industria di settore, che lavora per rendere sempre più accattivanti i propri prodotti, salvo poi sottrarsi alla responsabilità di pagare per i danni procurati, scrivono gli autori dell’articolo elencando una serie di raccomandazioni per il prossimo futuro. Ne parliamo in occasione della Giornata mondiale senza tabacco, che si tiene il 31 maggio e punta a sensibilizzare sui danni del fumo. Per il 2025 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha scelto di focalizzare il tema della giornata proprio sulle tattiche dell’industria del tabacco per rendere più attraenti i prodotti contenenti nicotina.
Il bilancio di dove eravamo e di dove siamo oggi è il miglior punto di partenza per capire che direzione prendere ora. Sappiamo per esempio che nel 2005 fumava (o, più in generale, consumava tabacco) il 29% della popolazione mondiale con più di 15 anni. Oggi è il 20%, ancora ben oltre il miliardo di persone. E sappiamo anche che tanti sono i Paesi che oggi possono contare su leggi che vietano di fumare nei luoghi pubblici e condivisi (e nuove norme per ambienti senza fumo sono in continuo arrivo): circa una settantina. L’Italia, con l’entrata in vigore della legge Sirchia nel gennaio del 2005, anticipò di un mese circa le disposizioni contenute nella convenzione. Sono invece 138 gli Stati che utilizzano immagini e messaggi sui pacchetti di sigarette per scoraggiarne i consumi e una sessantina quelli che vietano qualsiasi promozione e pubblicità del tabacco.
Diversi gruppi di ricerca nel mondo hanno cercato di quantificare quanti benefici, in termini di morti e spese evitate, queste misure hanno portato. Sono spesso fotografie parziali, e va detto, come gli stessi scienziati riconoscono, che ben prima della convenzione la lotta al fumo aveva cominciato a dare i suoi frutti. In ogni caso questi dati aiutano a comprendere l’impatto di uno sforzo così esteso nella lotta al fumo. Recentemente, per esempio, uno studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine, che ha preso in considerazione 170 diversi Paesi nel mondo, ha calcolato che le misure suggerite nella convenzione in 10 anni dalla loro implementazione avrebbero accelerato l’abbandono delle sigarette e ridotto di 24 milioni il numero di fumatori under 25, evitando circa 12 milioni di morti legate al fumo. I benefici maggiori sono stati registrati negli Stati che più avevano spinto per aumentare le tasse sulle sigarette, confermando il ruolo deterrente di questa fondamentale misura. Altri studi hanno stimato che le politiche promosse dall’OMS a sostegno della lotta al tabacco avrebbero aiutato a evitare, dal 2007 al 2020, circa 28 milioni di morti attribuite al fumo in 136 Paesi.
La situazione però è tanto più variegata quanto più si analizzano situazioni locali: così, se da un lato alcune nazioni hanno effettivamente fatto dei grossi passi avanti, e continuano a farne, altre rimangono ancora indietro, e faticano a raggiungere gli obiettivi della convenzione e ridurre i consumi di prodotti del tabacco tradizionale. L’Italia, per esempio, secondo la Tobacco Control Scale, è tra queste.
Accanto alle criticità locali, poi, negli ultimi anni l’arrivo di nuovi prodotti del tabacco e a base di nicotina ha completamente cambiato le carte in tavola. Le abitudini sono cambiate, e accanto alle sigarette tradizionali sempre più trovano posto sigarette elettroniche e prodotti da tabacco riscaldato. Tutto questo, scrivono gli esperti di salute pubblica su The Lancet, ha contribuito a creare una nuova, preoccupante forma di epidemia.
Le sigarette elettroniche rappresentano un rischio per la salute, tanto quella delle persone che dell’ambiente, anche se la scienza, molto attiva nel campo, non è ancora riuscita a quantificare bene i danni. È ormai riconosciuto che il consumo delle e-cig, specialmente nei più giovani, può favorire la dipendenza da nicotina e rendere più facile il consumo delle sigarette tradizionali, riassume l’OMS. Un recente studio finanziato da AIRC e condotto in Italia, per esempio, ha confermato che e-cig e prodotti da tabacco riscaldato rendono sia più difficile smettere con le sigarette tradizionali, sia più facile iniziare per chi non le fumava. Tanto che, analizzando il trend della prevalenza di fumo in Italia, si osserva uno stallo proprio a partire dalla diffusione dei nuovi prodotti, una decina di anni fa. Segno inequivocabile, per i ricercatori dell’Istituto Mario Negri coordinati da Silvano Gallus e autori dell’analisi, del fatto che e-cig e prodotti da tabacco riscaldato aiutino a mantenere viva l’epidemia da tabacco.
Le sostanze rilasciate con lo svapo, inoltre, sono state associate al rischio di cancro. Secondo una recente revisione degli studi in materia, pubblicata sulla rivista Tobacco Induced Diseases, al momento non è stato rilevato un aumentato rischio di malattia in chi svapa, ma le sostanze contenute e rilasciate con le e-cig sono in grado di modificare il comportamento delle cellule, con meccanismi che possono favorire l’insorgenza e la progressione di tumori. Questo da solo sarebbe motivo sufficiente per lanciare l’allarme, ma i danni di questi prodotti non riguardano solo le patologie oncologiche: il consumo di sigarette elettroniche minaccia la salute cardiovascolare, quella respiratoria e può produrre irritazioni della pelle e degli occhi. Motivi per cui la lotta al tabacco e alla nicotina non dovrebbe dimenticare i nuovi prodotti.
“La convenzione quadro si trova a un punto di svolta inevitabile” scrivono Gilmore e colleghi. “Se si vuole proteggere una generazione di giovani e si vuol tornare a fare progressi nel campo della lotta al fumo, i Paesi che hanno sottoscritto la convenzione quadro devono essere più ambiziosi.” Il monito è non solo a rimettersi in carreggiata ma a impegnarsi di più, cominciando a richiamare all’ordine l’industria del tabacco ricordandole le sue responsabilità.
Nel documento diffuso su The Lancet sono elencate una serie di possibili misure a sostegno della missione della convenzione quadro e della lotta al tabacco. Da un lato, come già ricordato, l’indicazione è di concentrare l’attenzione non solo sui più tradizionali prodotti da tabacco, ma anche su quelli da poco arrivati sul mercato, per cercare di ridurne il più possibile l’utilizzo. Ma il punto su cui più spingono gli esperti è la necessità di far pagare alle aziende produttrici i danni arrecati alla salute e all’ambiente da quanto mettono sul mercato. E ancora: dovrebbero essere attuate misure più forti per scoraggiare l’ingerenza e i conflitti di interesse delle industrie nelle politiche di contrasto al fumo e ai prodotti da tabacco in senso lato, e dovrebbe essere garantito un fondo comune per consentire agli Stati di difendersi dalle eventuali cause legali intentate dalle aziende del settore, si legge su The Lancet. Da ultimo, gli esperti raccomandano di aumentare i finanziamenti ai programmi di ricerca indipendenti che possano costituire una solida base scientifica per l’implementazione di politiche antifumo e antisvapo. Un punto quanto mai fondamentale, visto che le aziende, proseguono gli esperti, hanno provato a presentare i nuovi prodotti senza combustione le sigarette elettroniche come fondamentali nelle strategie di riduzione del danno.
“L’industria del tabacco ora cerca di posizionarsi come parte della soluzione al problema fumo, mentre ostacola attivamente gli sforzi per il controllo del consumo di tabacco che potrebbero salvare milioni di vite in più rispetto a quanto avviene ora” ha commentato in proposito Adriana Blanco Marquizo, Head of the Secretariat of the WHO FCTC. “La FCTC dell’OMS fornisce agli Stati sottoscrittori una serie di misure complete per proteggere le popolazioni dalle tattiche in continua evoluzione dell’industria, progettate per trarre profitto a costo della vita delle persone e della salute del nostro pianeta.”
Più divieti, meno pubblicità, meno visibilità, lotta alle e-cig usa e getta. Da più parti, nel corso dell’ultimo anno, diversi Stati e istituzioni hanno adottato o annunciato politiche più stringenti contro fumo passivo e sigarette elettroniche. La Commissione europea, per esempio, ha invitato di recente i Paesi membri a estendere i divieti di fumo all’aperto, come pertinenze di centri sportivi, stazioni e parchi. Secondo la Commissione, sarebbe meglio estendere questo divieto sia ai prodotti più tradizionali sia alle sigarette elettroniche e ai prodotti da tabacco riscaldato.
Alcuni Stati, non solo europei, hanno già iniziato a fare qualche passo in questa direzione. Australia, Nuova Zelanda, Belgio, Gran Bretagna, Italia: ciascuno a modo suo, ma con un sentimento comune, hanno accelerato la lotta al tabacco e alla nicotina emanando nuove norme contro fumo passivo e le sigarette elettroniche, a tutela della salute (soprattutto dei più giovani) e dell’ambiente. In Australia le e-cig si possono acquistare solo in farmacia e con possibilità di ricarica limitata ogni mese. La Nuova Zelanda, invece, ha inasprito le misure sulle e-cig vietando qualsiasi iniziativa di promozione commerciale o sconto, e l’uso di immagini e nomi accattivanti, anche per quel che riguarda i gusti dei liquidi, o che richiamino ai cartoni o ai giochi sulle confezioni. Inasprite anche le misure sulla stessa visibilità che i rivenditori possono dare alle e-cig e vietata la vendita di prodotti usa e getta senza meccanismi di sicurezza per bambini e non ricaricabili in alcun modo. Anche il Belgio ha posto dei paletti alla vendita dei prodotti usa e getta, ed è previsto che, a partire da metà di quest’anno, il Regno Unito ne segua l’esempio. Oltremanica sono inoltre in discussione una serie di misure aggiuntive, all’interno del Tobacco and Vapes Bill, per arginare la visibilità e la promozione delle e-cig, limitare la disponibilità di gusti e vietare il fumo nei parchi giochi e nelle vicinanze di scuole e ospedali. In merito ai divieti di fumo, in Italia, a Milano, dall’inizio del 2025 è vietato fumare in tutti i luoghi e all’aperto se sono presenti delle persone a meno di 10 metri di distanza.
Anna Lisa Bonfranceschi