Ultimo aggiornamento: 5 giugno 2025
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Con il termine linfoma cutaneo ci si riferisce a un insieme di rari tumori del sistema linfoide che originano nella pelle a partire da alcune cellule del sistema immunitario: i linfociti. Queste cellule hanno un ruolo fondamentale nelle difese dell'organismo e si trovano un po’ ovunque nel corpo, non solo nel sangue. Il linfoma cutaneo fa parte dei cosiddetti linfomi non-Hodgkin.
Non è facile ottenere dati precisi sulla diffusione del linfoma cutaneo, mentre è più semplice conoscere l’incidenza dell’insieme dei linfomi non-Hodgkin.
Secondo le ultime stime di AIOM - AIRTUM (Associazione Italiana di Oncologia Medica e Associazione Italiana Registri Tumori) ogni anno in Italia vengono diagnosticati poco più di 7.300 nuovi casi di linfoma non-Hodgkin tra gli uomini e quasi 6.000 tra le donne, mentre i decessi causati da questo tipo di tumore sono circa 5.800 (i dati di diffusione e mortalità si riferiscono ad anni diversi). Secondo alcune stime, il linfoma cutaneo nei Paesi occidentali colpisce circa una persona su 100 mila l’anno: in Italia equivale quindi a circa 600 diagnosi annuali.
Sono diversi i fattori che sono stati collegati al rischio di linfoma cutaneo, sebbene la genesi della malattia, in cui si distinguono tantissime forme, sia ancora sconosciuta. Tra i fattori di rischio non modificabili ci sono l'età e il genere: il tumore si sviluppa soprattutto nelle persone tra i 50 e i 60 anni, con una maggior frequenza negli uomini rispetto alle donne (con alcune differenze nelle diverse forme di malattia). Possono aumentare il rischio anche alcune infezioni, in particolare quelle da HIV (il virus che causa l'AIDS), da Borrelia (un batterio) e da Epstein-Barr (che però risulta presente in oltre il 90% della popolazione). Queste infezioni possono infatti alterare il funzionamento del sistema immunitario in modi diversi, per esempio colpendo direttamente diverse popolazioni di linfociti, aumentando così le probabilità di sviluppare linfomi della cute. Tra le possibili cause c’è anche l’utilizzo di farmaci immunosoppressori, mentre non sembra avere un peso particolare l’eccessiva esposizione al sole senza adeguate protezioni, che rappresenta invece il principale fattore di rischio per altre tipologie di tumori della pelle.
I linfomi sono in genere suddivisi in due grandi gruppi, i linfomi di Hodgkin (dal nome del medico che per primo li descrisse) e i linfomi non-Hodgkin. Queste malattie si differenziano per l'aspetto delle cellule al microscopio, il decorso della malattia, la capacità di diffondersi nell'organismo e la risposta al trattamento. Come detto sopra, tutti i linfomi della cute appartengono al gruppo dei linfomi non-Hodgkin, ma non è affatto semplice classificarli in modo preciso, perché ne esistono diverse varianti, alcune delle quali riconosciute ufficialmente solo negli ultimi anni, e perché si tratta di tumori non molto frequenti. Il metodo di classificazione di riferimento per i linfomi cutanei è quello proposto dalla World Health Organization–European Organization for Research and Treatment of Cancer (WHO-EORTC), aggiornato nel 2018. La classificazione dei linfomi, così come di altri tumori, si basa sull'aspetto delle cellule al microscopio, sulla presenza di particolari proteine sulle cellule tumorali e sull’accurata correlazione con i caratteri clinici della malattia. I linfomi della cute sono tumori molto diversi non solo dal punto di vista biologico, ma anche per quanto riguarda la prognosi. In alcuni casi il tumore progredisce piuttosto lentamente, mentre in altri il decorso della malattia è più complicato e rapido. Tuttavia, molte forme di linfoma cutaneo hanno percentuali di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi elevate.
La prima suddivisione dei linfomi cutanei si basa comunque sull'identificazione del tipo di linfociti coinvolti: esistono infatti linfomi cutanei a cellule T, che coinvolgono i linfociti T, cellule che difendono l’organismo dai microrganismi attaccandoli direttamente o producendo sostanze come le citochine che aiutano a sconfiggerli, e linfomi cutanei a cellule B, le cellule responsabili della produzione degli anticorpi. I primi sono i più comuni tra tutti i linfomi cutanei, rappresentando circa l’80% dei casi.
La micosi fungoide, il più conosciuto tipo di linfoma a cellule T, è la forma più diffusa di linfoma cutaneo e rappresenta circa il 40% di tutti i linfomi della pelle. In alcuni casi la malattia può evolvere e trasformarsi in sindrome di Sézary, che in realtà rappresenta un linfoma a cellule T distinto: può, infatti, svilupparsi e presentarsi indipendentemente dalla micosi fungoide. Tra i linfomi a cellule T si incontrano anche il linfoma cutaneo primitivo a grandi cellule T anaplastiche e la papulosi linfomatoide. Tra i tumori a cellule B, pari a circa il 20% di tutti i linfomi della cute, i più comuni, sebbene meno frequenti, sono il linfoma primitivo cutaneo a cellule B della zona marginale, il linfoma primitivo cutaneo centro follicolare; ancora meno comune è il linfoma primitivo cutaneo diffuso a grandi cellule B.
La presentazione e l’evoluzione delle diverse forme di linfoma cutaneo possono essere estremamente eterogenee. Tra le possibili manifestazioni della malattia figurano: una chiazza rossastra spesso associata a prurito, un nodulo che può presentarsi anche sotto la pelle oppure un'ulcera, pelle che diventa calda, tumefazioni, placche, desquamazioni, fuoriuscita di liquidi e, in alcuni casi, perdita di capelli. Alcune forme di linfoma cutaneo possono colpire preferibilmente alcune aree del corpo.
Talvolta queste lesioni possono essere non di rado scambiate per una diversa patologia della pelle, come un eczema, psoriasi o un'infezione, e il linfoma può non essere riconosciuto subito. Ecco perché è importante rivolgersi al proprio medico e allo specialista nel caso di lesioni della pelle che si manifestano improvvisamente e che non se ne vanno o che cominciano a estendersi. Inoltre, è buona norma tornare dal medico se dopo una prima diagnosi con relativa terapia non si notano miglioramenti. Accanto ai segni sulla pelle, in alcuni rari casi il linfoma cutaneo può provocare sintomi generali ("sistemici") come febbre, perdita di peso, aumento della sudorazione, soprattutto di notte, e forte prurito.
Per la maggior parte dei linfomi cutanei non è possibile identificare con certezza i fattori di rischio e per questo non esistono al momento strategie di prevenzione efficaci. Rimangono in ogni caso validi i consigli di prevenzione raccomandati per tutte le forme di tumori sugli stili di vita, compresa l’attenzione nei confronti delle infezioni che possono aumentare il rischio di ammalarsi, come quella da HIV.
Il percorso verso la diagnosi di un linfoma cutaneo non è molto diverso da quello per altri tipi di neoplasie. Il primo passo è, in presenza di una lesione sospetta sulla cute, una visita dal proprio medico di base e dal dermatologo il quale, dopo aver valutato attentamente la storia familiare, i sintomi e aver effettuato una visita approfondita della pelle e dei linfonodi, deciderà come procedere.
La biopsia rappresenta l'esame più utile a ottenere una diagnosi di linfoma cutaneo: si preleva un piccolo campione di pelle della regione sospetta e lo si analizza al microscopio. A volte la biopsia è utilizzata per determinare se e quanto il linfoma della pelle si sia diffuso anche in altri organi. In questi casi si prelevano i linfonodi sospetti, talvolta il midollo osseo o, molto più raramente, il liquido cerebrospinale. La forma delle cellule e le caratteristiche del tessuto prelevato sono in genere sufficienti a stabilire se il tumore è davvero presente, ma non per capire di che tipo di linfoma si tratta.
Una diagnosi più completa è possibile grazie a esami di laboratorio che permettono di identificare specifici marcatori presenti sulla membrana delle cellule tumorali o gli eventuali cambiamenti in geni e cromosomi, nonché il numero e il tipo di cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianche e piastrine) o la funzionalità di fegato e reni, che possono risultare alterati in caso di tumore. Questo tipo di analisi sono molto utili anche per distinguere un tipo di linfoma cutaneo dall’altro e per indirizzare successivamente le terapie. L'ultimo passo per completare la diagnosi è rappresentato da esami strumentali, specialmente la TAC (tomografia computerizzata) e la PET (tomografia a emissione di positroni) che servono a determinare con precisione quanto il linfoma è diffuso.
Una volta diagnosticato un linfoma della pelle, si assegna alla malattia uno "stadio" che descrive quanto essa è diffusa nell'organismo. Più alto è lo stadio, più esteso è il linfoma. Per i linfomi cutanei si utilizzano principalmente 2 diversi sistemi di stadiazione, uno specifico per la micosi fungoide e la sindrome di Sézary e uno per tutte le altre forme della malattia, che si basano su 4 criteri: T (tumor; descrive la quantità di pelle interessata dal linfoma), N (nodes, descrive l'estensione del linfoma nei linfonodi), M (metastasis; dice se il linfoma è esteso ad altri organi) e B (blood, indica la presenza di cellule di linfoma nel sangue). Entrambi sono stati formulati sotto l’egida della ISCL (International Society for Cutaneous Lymphoma) e della Cutaneous Lymphoma Task Force dell’EORTC (European Organization for the Research and Treatment of Cancer) e riconoscono quattro diversi stadi di malattia, da I a IV, in ordine crescente di estensione.
Le opzioni a disposizione sono diverse a seconda del tipo di linfoma della cute, dello stadio della malattia e delle condizioni del paziente. Spesso il trattamento iniziale del linfoma cutaneo è di tipo locale (diretto alla cute), ci si limita cioè a trattare l'area del corpo interessata dalla malattia. Tra le opzioni locali figurano: la chirurgia, la radioterapia, la fototerapia e trattamenti topici. La chirurgia può essere impiegata per trattare lesioni facilmente asportabili. La radioterapia, oltre a colpire ed eliminare le cellule tumorali con radiazioni ionizzanti, stimola la risposta del sistema immunitario. In particolari tipi di linfomi, si utilizza la fototerapia per raggiungere lo stesso obiettivo antitumorale utilizzando la luce ultravioletta (raggi UVA o UVB), e può essere utilizzata, specialmente nella micosi fungoide, quando le lesioni superficiali riguardano una vasta area della superficie cutanea. Tra i trattamenti topici sono inclusi quelli con farmaci chemioterapici (clormetina), eventualmente associati a steroidi topici.
Steroidi, retinoidi e chemioterapia possono essere somministrati anche a livello sistemico (diretto a tutto l’organismo), nei casi in cui la malattia è in stadio avanzato o particolarmente aggressiva. Anche l’utilizzo dei raggi ultravioletti può essere utilizzato come terapia sistemica per colpire le cellule tumorali attraverso la fotoferesi extracorporea, una procedura durante la quale i linfociti – incluse le cellule tumorali – vengono separati dal resto del sangue e trattati prima con un farmaco che li rende sensibili agli UV e poi con raggi UVA che li uccidono selettivamente. Una volta effettuato il trattamento, i linfociti vengono nuovamente immessi nel circolo sanguigno insieme alle altre componenti del sangue. Alla fotoferesi si attribuisce anche un’azione immunoterapica.
Contro il linfoma cutaneo possono essere utilizzati anche alcuni anticorpi monoclonali come il rituximab, il mogamulizumab o il brentuximab vedotin, che vengono indirizzati contro specifiche proteine presenti sulle cellule tumorali. Anche l’immunoterapia, con l’utilizzo degli interferoni, può essere impiegata come strategia di trattamento. In alcuni pazienti selezionati si può invece ricorrere al trapianto di cellule staminali, principalmente allogenico, ovvero con cellule provenienti dal midollo osseo di un donatore compatibile.
Accanto a queste categorie di farmaci e terapie in uso da tempo, se ne stanno aggiungendo di nuovi, come gli inibitori dei checkpoint immunitari e i farmaci mirati.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Autore originale: Agenzia Zoe
Revisione di Anna Lisa Bonfranceschi in data 05/06/2025
Agenzia Zoe